Lavoro domestico in calo nella provincia di Catanzaro, pesante flessione tra le donne straniere

Secondo i dati di Nuova Collaborazione, il comparto continua a contrarsi. A rischio un servizio essenziale per migliaia di famiglie

A cura di Redazione
04 luglio 2025 11:00
Lavoro domestico in calo nella provincia di Catanzaro, pesante flessione tra le donne straniere -
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Catanzaro - Il lavoro domestico nella provincia di Catanzaro registra un calo costante nell’ultimo decennio, passando dai 3.125 lavoratori del 2015 ai 2.409 del 2024. È quanto emerge dai dati raccolti da Nuova Collaborazione, associazione nazionale dei datori di lavoro domestico, che parlano di una contrazione del 26,5% tra il 2020 e il 2024, segno di una crisi strutturale del settore.

Le donne continuano a rappresentare oltre l’85% degli occupati, pur in diminuzione. Particolarmente significativo il calo tra le lavoratrici straniere, che da 1.483 nel 2015 sono scese a 902 unità nel 2024. Nonostante questo, restano la colonna portante del comparto. Il 2020 ha rappresentato un picco occupazionale, sia per italiani che per stranieri, ma da allora si è registrata una progressiva e significativa flessione.

Calabria: -27% in dieci anni, crollo tra le lavoratrici straniere

Il quadro regionale conferma la tendenza negativa. In Calabria, i lavoratori domestici sono passati da 14.963 nel 2015 a 10.967 nel 2024, con un calo complessivo del 27%. Anche in questo caso, l’analisi di Nuova Collaborazione evidenzia come le donne – oltre l’80% del totale – siano le più colpite, in particolare le straniere, scese da 7.880 a 5.009 unità.

Anche gli uomini, seppur in numero minore, seguono lo stesso andamento con una contrazione del 30,7%. Nonostante la flessione, i lavoratori stranieri rimangono la maggioranza nel settore, a conferma di una trasformazione profonda legata a fattori socio-economici, demografici e culturali.

Dati nazionali: continua la flessione dei lavoratori regolari

A livello nazionale, nel 2024 i lavoratori domestici iscritti all’INPS sono stati 817.403, in calo del 2,7% rispetto al 2023 (pari a -23.036 unità). Un decremento più contenuto rispetto ai crolli del 2022 e 2023 (-7,1% e -7,2%), che avevano seguito l’aumento registrato nel biennio pandemico 2020-2021, legato anche alla regolarizzazione introdotta dal Decreto Rilancio (D.L. 34/2020).

Situazioni analoghe si erano verificate dopo le regolarizzazioni del 2009 e del 2012. A partire dal 2022, però, il settore mostra un trend stabile di contrazione, che interessa in modo simile uomini e donne. Tuttavia, la componente femminile cresce in proporzione, raggiungendo l’88,9% nel 2024, il dato più alto degli ultimi sei anni. I lavoratori maschi, invece, scendono sotto le 91.000 unità, con un calo del 7% rispetto all’anno precedente, segno che le regolarizzazioni sembrano avere un impatto più marcato sulla componente maschile.

Savia (Nuova Collaborazione): “Un milione di lavoratori in nero è uno scandalo. Serve un segnale politico”

«Abbiamo fatto tanto per cercare di rilanciare questo settore, ma l’attenzione della politica è sempre stata molto scarsa», ha dichiarato Alfredo Savia, presidente di Nuova Collaborazione. «Pensavo che quest’anno saremmo tornati almeno a 900mila iscritti. Nel 2012 avevamo superato il milione. Invece, anche stavolta il numero è stato inferiore. E allora mi chiedo: è solo colpa nostra o c’è qualcosa che non funziona nel sistema, anche per lo scarso interesse politico? Credo entrambe le cose. La cultura in Italia non aiuta, ma non possiamo permetterci il “lusso” di avere oltre un milione di lavoratori irregolari: è uno scandalo».

Savia lancia un appello alla politica: «Vorrei vedere almeno un segno positivo a partire dal prossimo anno, ma soprattutto un impegno concreto da parte delle istituzioni. Servono iniziative per regolarizzare la forza lavoro già presente in Italia. Da soli, continuiamo a decrescere. Alla politica chiedo sempre la stessa cosa: riflettere seriamente sui bisogni delle famiglie, che sono la spina dorsale della nostra società. Il lavoro domestico deve essere riconosciuto come risorsa strategica per il Paese, capace di rafforzare l’occupazione femminile, sostenere il benessere familiare e ridurre le disuguaglianze sociali».

E conclude con un monito: «Il carico di cura grava ancora sulle donne. Non possiamo più trattare l’assistenza familiare come un fatto privato e invisibile. È tempo che la politica accolga davvero i nostri obiettivi».


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